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INFO

  • DATA: 12-08-2015
  • LUOGO: Russia

STATO DI PROVENIENZA

Russia

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LEV e Natalya – mosca, russia

Il treno notturno da San Pietroburgo arriva a Mosca la mattina alle 8.30. Lev è lì ad aspettarmi fuori dal vagone, ha una camicia arancia a scacchi, barbetta, capelli scuri e occhi verdi. È molto magro. Ci salutiamo e subito mi prende per mano e ci addentriamo nella metro di Mosca. Trovo abbastanza strano prendere per mano un perfetto sconosciuto, ma in effetti il metodo risulta particolarmente efficace per affrontare i labirinti sotterranei sovraffollati della capitale.

Lev parla un ottimo italiano: al momento è disoccupato perché a causa delle sanzioni Ue un progetto che aveva con l’Italia si è bloccato e si è ritrovato senza lavoro. In circa mezz’ora siamo a casa sua a Reutov, fuori Mosca. La metropolitana è arrivata lì qualche anno prima ed è comodissima. Abita con la madre all’undicesimo piano di un palazzone in pieno stile sovietico. La casa è accogliente, ordinata, molto pulita, solito schema russo: stanza da letto, sala/seconda stanza da letto (dove starò io), piccola cucina, bagno diviso WC in una stanzetta e il resto in un’altra.

Mi accompagna in giro per la città, prima tappa Piazza della Rivoluzione. Ha tracciato un itinerario nella sua testa e camminiamo per ore fino al quartiere delle accademie medicinali. Lev ha studiato qui medicina ma, dopo essersi laureato, ha capito che non voleva fare il medico e si è rimesso a studiare economia. Gli edifici sono belli ed eleganti, Lev me li descrive a uno a uno, ognuno ha la sua specializzazione e si parte dal palazzo di ginecologia e ostetricia all’inizio della via per arrivare a una chiesa finale “dalla nascita alla morte”, così mi dice.

Lev è vegetariano e non mangia mai fuori casa quindi praticamente è a digiuno dalla mattina! Questa severità e questa costanza sono qualcosa che mi colpisce molto.

La dacia

Mi propone di andare nella dacia, ovvero nella campagna russa dove i moscoviti hanno le seconde case, ma anche dove vive la popolazione che non abita in città. Arriva l’elettricità, ma spesso non c’è l’acqua corrente. Ci sono per lo più casette di legno e la dacia di Lev era stata assegnata a suo nonno che aveva prestato servizio nell’esercito. Si trova vicino alla città di Serpuhov sul fiume Oka. Il villaggio non ha un vero e proprio nome, ci sono un monumento, una piccola chiesa e delle casette. Niente asfalto, niente bagno in casa.

Sua mamma è andata lì il giorno prima e avrebbe piacere di averci con lei. Prendiamo la macchina e percorriamo i 100 km che la separano da Mosca e finalmente conosco Natalya, una donna bellissima: grandi occhi azzurri, sopracciglia alte, un naso lungo e armonico, la bocca piccola, i capelli corti grigi. Ha le spalle un po’ ricurve, è asmatica e adora stare qui in campagna in mezzo al verde e lontana dall’aria pesante di Mosca.

Mangiamo pane e formaggio e beviamo tè, Natalya parla inglese, è stata professoressa. È molto gentile nei modi e bacia spesso Lev sulla fronte. La guardo passeggiare in giardino, ammirare i suoi fiori, il verde… sembra avere un’incredibile pace interiore, quella dei vecchi che hanno vissuto a pieno e ora si ritirano in campagna a meditare. Mangia delle caramelle morbide alla frutta, Lev non le vuole perché troppo “chimiche”, io le adoro! Erano le mie preferite da bambina!

 

Gironzolando

Lev mi porta a fare un giro nei dintorni e quando rientriamo Natalya ha cucinato delle patate novelle. La cucina nella dacia è separata dalla casetta dove si dorme e per lo più si sta fuori all’aria aperta. La casa infatti è pensata come dimora estiva, non ci sono riscaldamenti e l’acqua scorre da un tubo di gomma vicino alla cucina, un piccolo torrente la separa dalla dacia dei vicini.

Ci sediamo su una piccola panca, Natalya mi dà una giacca, poi delle scarpe: non bisogna raffreddarsi e la temperatura scende molto di notte. Mi dice che quando i suoi genitori erano in vita amava sedersi con loro e ammirare il verde. Parla lentamente, scandisce le parole. Ci mettiamo a guardare il cielo e ad aspettare che spuntino le stelle… Natalya vede la prima, ma il cielo è nuvoloso e non ce ne fa scoprire molte. Andiamo a letto, l’indomani la sveglia è alle 5 e si riparte per Mosca. 

Rientro a Mosca

Il traffico per entrare a Mosca c’è anche il sabato mattina. In autostrada schiviamo una donna ubriaca o drogata che vaga a piedi tra le corsie… impressionante! Nessuno si scompone, nessuno fa niente. Io chiedo se dobbiamo chiamare la polizia ma Lev dice che in questi casi bisogna andar via il prima possibile e che nessuno chiama la polizia in quelle situazioni.

Arrivati a Reutov, Natalya mi dice che alle 8 andremo in alcuni negozi per comprare il necessario per il mio viaggio in treno. Nei viaggi di lunga percorrenza i russi si portano moltissime cose da mangiare, ma io le dico che non voglio molto, solo un po’ di frutta, perché mi piace viaggiare leggera. Ancora poche ore e saluterò Mosca per prendere un altro treno, direzione Siberia.

Dopo gli ultimi giri nella città con Lev, guardiamo un film storico che si intitola “Mosca non crede alle lacrime”. Lev ci tiene molto, ne ha trovato una versione in italiano, mi dice che non posso partire da Mosca senza vederlo!

Il film è del ’69 ed è stato l’unico a vincere l’Oscar durante la Russia sovietica. Dura due ore e mezza ed è un film molto lento, sullo sfondo una Mosca che cambia e che cresce. La produttività e il lavoro sono il perno del racconto in cui si snoda la vita di una donna che si fa strada nella Russia comunista.

Rimasta incinta di un uomo che non la vuole, piange da sola la notte nel suo letto, ma alla fine trova l’amore vero. Ci sono anche altri personaggi: l’amica alla ricerca di un uomo ricco da sposare che finalmente lo trova, poi lui diventa alcolizzato anche se verso la fine del film smette di bere; un’altra amica che sposa con uno di provincia con cui fa tre figli…

Qualunque cosa succeda, si ritrovano tutti alla dacia, mangiano, bevono, piangono, sono tristi, sono felici… ma si vogliono bene. Con questo film saluto Mosca, Lev mi accompagna alla stazione e riparto, un pochino più cosciente di cosa significhi per i russi appartenere a questa nazione.