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INFO

  • DATA: 12-08-2015
  • LUOGO: Russia

STATO DI PROVENIENZA

Russia

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La storia di Sasha – San Pietroburgo

L’incontro con Sasha a San Pietroburgo è stato nell’agosto 2015. Sasha mi ha aperto la porta di casa sua una mattina di inizio agosto alle 7. Si è presentato, alto e magrissimo, al portone del suo palazzo in pantaloni della tuta fucsia, ciabatte, e un sacchetto della spazzatura in mano. Mi aveva scritto spontaneamente quando avevo pubblicato le mie date di viaggio su Couchsurfing e, nonostante non avesse referenze, mi sono fidata subito del suo fare gentile. Non mi aspettavo fosse anche molto buffo.

Dopo aver buttato la spazzatura mi ha inviato a salire in ascensore, uno di quelli claustrofobili tipici dei blocchi sovietici. Il suo appartamento all’ottavo piano è composto da piccoli spazi: un bagnetto, una cucina 2 metri per 2, una stanza da letto e un soggiorno con divano letto per me. Tutto l’arredamento è vetusto, era casa di sua nonna e lui non ha fatto niente per migliorarla. Mentre mi prepara la colazione, mi osserva con fare tra il sorpreso e il divertito, sono la prima persona straniera che entra a casa sua.

L’incontro con Sasha a San Pietroburgo si fa interessante: si propone di farmi da cicerone, è sabato e non lavora e ci tiene a farmi vedere la sua città, San Pietroburgo. Edifici elenganti, il fiume, i giardini fanno da sfondo alla nostra chiacchierata. Ci tiene a darmi un’idea di dove mi trovo, è molto orgoglioso di essere russo. Dopo aver passato il Palazzo d’Inverno mi dice che è ora di mangiare “Russian fast food”: chorba – la zuppa – e pirogy, una sorta di ravioli ripieni.

Radika

Camminiamo ancora un paio d’ore e poi mi propone di andare a casa di un suo amico che vive in centro, Vladimir (ma questa è un’altra storia e si trova qui ), e al rientro verso casa dopo cena mi dice che vuole portarmi a vedere i ponti. È ormai l’una di notte e gli innumerevoli ponti di san Pietroburgo (tips) si alzano per far passare le navi mercantili. Iniziamo a parlare della guerra, la guerra tra Russia e Ucraina per la Crimea.

– La Crimea era un territorio russo fino a quando Krushev ha deciso di regalarla agli ucraini. Uno dei miei migliori amici è ucraino, ecco, i russi sentono gli ucraini come fratelli e non avrebbero mai immaginato questa guerra, dice Sasha con aria triste.

La Crimea è ora tornata in mano russa, ma non è motivo di orgoglio nazionale. Tutto si fa per il potere economico, per i soldi, e anche questa guerra ha quello scopo. Continua Sasha:

– È difficile conoscere la storia perché i libri vengono riscritti continuamente secondo quella che è la verisone ufficiale del momento, è impossibile sapere la verità. Tutto il passato è un grande labirinto.

Una volta a Mosca avrà modo di capire meglio cosa mi sta dicendo Sasha. San Pietroburgo è così europea, i suoi abitanti così vicini a noi, ma a Mosca mi renderò conto di quanto i simboli comunisti stiano nuovamente prendendo il sopravvento. A San Pietroburgo si celebra Pietro il Grande, fondatore della città e imperatore della Nazione (Radika). A Mosca si celebrano il comunismo e la Grande Russia, La differenza è abissale. Questa una delle cose che imparo grazie all’incontro con Sasha a San Pietroburgo.

Il vuoto

Sasha mi parla del suo vuoto, il vuoto dovuto alla rottura con una fidanzata innamorata dell’Italia. La ama ancora, si vede dall’espressione del suo viso, gli occhi che diventano lucidi e gli zigomi che arrossiscono per tirare indietro le lacrime. Ha provato il Couchsurfing per cercare di colmare quel vuoto con qualcosa di nuovo, anche andando contro le regole della sua professione.

Appesa dietro alla porta d’ingresso noto un’uniforme militare, non ci avevo fatto caso prima. Sasha lavora per l’esercito e i militari devono proteggere i segreti di Stato quindi è proibito per loro viaggiare o entrare in contatto con stranieri. Ospitarmi a casa sua è illegale! Ecco perché mi aveva fatto segno di stare zitta quando salivamo in ascensore, probabilmente i vicini non devono sapere.

Sasha è profondamente russo, un uomo sotto i 30 anni i cui lineamenti potrebbero ricordare quelli di un operaio sovietico, un astronauta, o un fisico sperimentale. Intravedo la lotta dentro sé stesso per il fatto che sta violando le regole, ma allo stesso tempo è contento di sperimentare quell’apertura che noi, in Europa, diamo quasi per scontata.

I tetti di San Pietroburgo

La gente di san Pietroburgo ha la passione per i tetti.

– Vuoi andare sul tetto? Mi dice Sasha.

– Il tetto del tuo palazzo? Chiedo io.

– No, di quello di fronte.

Il palazzo di fronte è una ex fabbrica tessile abbandonata. Entriamo da una finestra a cui manca l’inferriata. Dentro è un disastro: cocci, pezzi di mobili e di macchinari, sporcizia a volontà. Il percorso che conosce Sasha è bloccato da una specie di frigorifero messo di traverso. Gli suggerisco di uscire da quello che una volta doveva essere un cortile interno per trovare un altro ingresso.

Così facciamo ed entriamo in un’altra porta. Ci sono delle scale che salgono, molti gradini sono rotti, non c’è il corrimano, ma il cemento regge. Saliamo. Raggiungiamo il terzo piano circa e poggio il piede su un gradino che balla, vado avanti veloce e Sasha mi blocca:

– Se succede qualcosa di strano, non reagire. Mi dice serio.

– Che vuol dire? Possono esserci altre persone? Gli chiedo.

– Forse.

Beata incoscienza

Sono spaventata ovvio, ma gli do la mano e continuo a salire. Sasha fa luce col cellulare. Ecco, siamo praticamente all’ultimo piano, c’è una finestra sulla destra, dobbiamo passare da lì… ma sotto c’è il vuoto! Penso “a qualcosa servirà il corso di arrampicata dell’anno scorso!” perché è proprio quello che dobbiamo fare, salire sul davanzale della finestra e arrampicare un pezzo di muro a destra per arrivare sul tetto di fianco.

Peccato che Sasha sia alto almeno 20 centrimetri più di me e abbia le gambe molto più lunghe! Non mi tiro indietro. Va avanti e io lo seguo. Siamo sul primo tetto. Ovviamente non basta perché dobbiamo arrivare in cima alla torre principale, che sarà almeno un 12-13 piani di altezza a occhio e croce, quindi siamo solo a metà dell’opera.

Camminiamo sul tetto e arriviamo a un’altra finestra ma è troppo in alto. C’è una specie di scala, ovvero una struttura metallica simile a una scala di ferro in cui ci sono i corrimano laterali dove si appoggiano le mani e altri due paralleli subito sotto su cui poggiare i piedi (niente pioli!). A stento arriviamo su, scavalchiamo il finestrone della torre e manca solo qualche piano di una scaletta ripida in legno per arrivare in cima.

Finalmente siamo sul punto più alto e ci sediamo su un piccolo spazietto perché attorno tutto è vuoto. C’è la luna piena. Da quassù si vede il centro e tra le luci spicca la Basilica di San Isacco illuminata. Tutta la città è attorno a noi, invisibili, su quel tetto di una fabbrica da demolire.

Restiamo un tempo indefinito in silenzio, poi torniamo giù.

– Perché hai deciso di arruolarti? Gli chiedo.

– Tradizione di famiglia, domani ti mostro le foto.

 

Libertà

Sasha non ha tanta voglia di parlare. Il fatto che non possa uscire dal Paese o che sia fuori legge incontrarmi per me è inconcepibile, una limitazione alla libertà personale troppo grande! E che cos’è un uomo senza la sua libertà?

Sasha ha voluto accompagnarmi alla stazione al momento della partenza. Siamo arrivati al binario del treno notturno per Mosca, ci siamo abbracciati e dati tre baci sulle guance, alla russa. Sono salita sul vagone e lui ha aspettato lì finché non è partito il treno. L’uomo con me nello scompartimento mi ha accolto dicendo “Lasci un buon amico qui”.

Ciao Sasha. Io posso continuare il viaggio, scoprire il tuo Paese, mentre tu che hai la mia stessa età te ne rimani qui, in un indimenticabile blocco sovietico, la tua uniforme stirata e il berretto in testa, col cuore grande e colmo di gentilezza a servire la tua nazione. Non è tutto oro quello che luccica ma le notti  sì, nei ricordi restano oro e magia grazie a questo inaspettato incontro con Sasha a San Pietroburgo.