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INFO
- DATA: 20-08-2015
- LUOGO: Russia
STATO DI PROVENIENZA
Russia
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IN CERCA DI SCIAMANI
ISOLA DI OLKHON, LAGO BAIKAL
TRANSIBERIANA
di Elisingiro
Sono a Olkhon, isoletta naufraga del Baikal. Il riverbero delle fiamme arriva fino a qui, centro di questo lago vasto che sembra un mare. Duecentomila ettari di betulle bruciano tutt’attorno, in Siberia. L’acqua mi separa dal vivo delle fiamme, ma l’aria è densa, asfittica, il sole coperto da una massa di fumo che lo rende di un arancione fosforescente. Cammino. Poche case costeggiano la strada principale in terra battuta. Alcune guest house ospitano i pochi turisti. Mi inoltro verso una distesa di tronchi esili e fronde slanciate verso l’alto. Tra questi alberi gracchiare di corvi, cinguettii. A terra un teschio di capra in un punto, un femore di mucca, forse, in un altro. Il colore bianco delle ossa sbatte contro il bruno del terreno.
Nella guest house incontro turisti. Mi invitano in sauna, la banja russa. Nessuno è nudo, per fortuna, mi sarei vergognata. Sono in costume da bagno in questa casetta di legno, in anticamera un samovar serve acqua calda per il tè (caldo), in un posto tanto caldo. Si dice sia benefico. Anche qui betulla. Una fascina stretta da battersi sul corpo una volta usciti dalla “caldaia”. Mi affaccio dalla piccola porticina ed è una confusione di vapore, il tonfo del caldo assale il corpo e il respiro deve rallentare, deve, altrimenti il cuore sfonda il petto. Mi siedo. Gocciolo dalla fronte, dalla schiena. Sudare purifica. Esco. Un tuffo di acqua gelida. E la vodka? Ah no, il tè.
Di sera canti. Canti russi, Oci Ciornie, Occhi neri. Kalinka maja, o viburno rosso di casa mia. E poi Azzurro. Per forza. Se sei italiana devi cantare Modugno e Celentano che loro sanno tutte le parole a memoria.
Dal villaggio vado verso una sponda rocciosa di costa, si insinua nell’acqua di lago che fa onde e non si vede la fine. Il cielo affoga il mattino col suo peso di incendi. Migliaia e migliaia di ettari. C’è un albero solitario, un pino. Il tronco avvolto da fili e lacci di colori scintillanti, risaltano sul soffocamento di paesaggio attorno. È terra di sciamani. L’aria è immobile. Trattengo il fiato e mi sembra di non udire nulla.
Tutto è attutito, come in un’ampolla. Brevi secondi. Non ci sono suoni in questo pezzetto di luogo e se mi concentro io sono l’albero, in attesa del suo sciamano. Peccato debba tornare a respirare.