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INFO

  • DATA: 07-05-2020
  • LUOGO: Torino

STATO DI PROVENIENZA

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Anna e il suo lavoro nell'housing sociale

Anna, che fa un lavoro a stretto contatto con le persone che si trovano in situazioni di emergenza abitativa, in questo periodo può lavorare solo da casa e, per di più, è entrata in cassa integrazione. Mentre prima girava per Torino e provincia ed entrava in casa delle persone, oggi si dimena tra telefonate e report.

Anna coordina gli educatori che accompagnano i nuclei famigliari o gli individui che si trovano in emergenza abitativa. Chi può trovarsi in emergenza abitativa? Chi è sottoposto a uno sfratto perché, ad esempio, ha perso il lavoro e non è in grado di pagare un affitto; chi si è giocato tutto; chi è immigrato e vive sotto la soglia dei 30 euro al giorno e ha tanti figli… ma anche uomini soli costretti a vivere in macchina, famiglie italiane – magari numerose – monoreddito.

Ci sono delle fasce che definiscono la gravità della situazione. La fascia a medio grado di fragilità, dove speri di accompagnare le persone nella partecipazione a bandi per affitti a canone calmierato o simili. In questi casi le persone si trovano in un limbo: sono troppo ricche per una casa popolare e troppo povere per un affitto sul libero mercato. Poi c’è la fascia ad alto grado di fragilità, che è la più comune e dove, spesso, non c’è altra soluzione che una casa popolare.

L’housing sociale

Per housing sociale si intende una sorta di agenzia abitativa che dà informazioni alle persone di orientamento all’abitare: canoni concordati, bandi a cui accedere, ricerche casa e anche offerte di lavoro.

La possibilità di alloggi di ospitalità per l’utenza in “fascia ad alto grado di fragilità”, però, sono per lo più della durata massima di un anno a seconda delle diverse convenzioni con i Comuni di riferimento, ma l’esperienza insegna che servono almeno 2 anni affinché un nucleo “risorga” dall’emergenza e crei un legame di fiducia col suo educatore.

Inoltre, l’emergenza abitativa di solito riguarda le mamme e i bambini, quindi i padri sono fuori e questo per i nuclei è un grande disagio, famiglie già così fragili vengono divise. Mamma e bambini di un nucleo si trovano a condividere l’appartamento con mamma e bambini di un altro nucleo.

L’educatore solitamente visita la famiglia con cadenza settimanale oltre alla reperibilità telefonica costante e supporta le famiglie in vari ambiti come la ricerca del lavoro, la comprensione dell’economia domestica, la tenuta della casa (ordine e pulizia)…

La situazione ai tempi del coronavirus

Adesso col COVID19 tutto è paradossale, dice Anna. Tutto si è fermato: gli sfratti, gli inserimenti, chi aveva le case popolari e stava facendo il trasloco è rimasto bloccato. C’è un grande lavoro di relazioni che continua per telefono con gli assitenti sociali, ma sembra non bastare.

Ormai quasi tutte le persone che si trovano in emergenza abitativa sono in cassa integrazione, gli stipendi non arrivano e le persone non riescono a pagare neanche quegli affitti concordati… ma la beffa è che gli stessi educatori sono in cassa integrazione! Gli stipendi di chi lavora nel sociale sono già bassi in partenza e rischiano di finire loro stessi nell’incubo del “non arrivare alla fine del mese”.

C’è dunque una fatica degli operatori più importante del solito, rischiano di ritrovarsi in situazioni di estrema vicinanza con gli utenti e oggi come mai è vera la massima del “siamo tutti sulla stessa barca”.

Gli aiuti dello Stato

Il grosso del lavoro degli educatori oggi è sulle misure di sostegno al reddito messe in atto dai comuni, dalle regioni e dallo stato. Queste misure coprono soprattutto: chi perde il lavoro a causa del COVID; le famiglie dei deceduti a causa COVID, o chi ha un mutuo in essere, ma questi sono una minima parte della popolazione in situazione di estremo disagio abitativo ed economico che popola le periferie dell’hinterland torinese già da ben prima dell’emergenza sanitaria. E quelle persone a cui lo stipendio non arriva, ma non sono stati licenziati?

Inoltre c’è da considerare che molti utenti non riescono ad allegare un file a una mail e oggi tutte le procedure sono esclusivamente in via telematica. Gli educatori spiegano tutto per telefono, ma di solito le persone non hanno neanche un pc.

Le istituzioni dimenticano che una grande fetta di popolazione non ha accesso al mondo online. 

Famiglia emergenza abitativa