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INFO
- DATA: 07-05-2020
- LUOGO: Milano
STATO DI PROVENIENZA
Romania
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Vivere in emergenza abitativa, la storia di una famiglia
Mamma, papà e due figlie, una di 17 e una di poco più di 20 anni già sposata con un bimbo, ma priva di reddito. Provengono da una zona rurale della Romania, sono arrivati in Italia qualche anno fa, come molti, in cerca di un futuro migliore. Il loro tutor abitativo racconta la loro esperienza come una di quelle positive, ma ancora con un finale da scrivere.
Quando i servizi sociali hanno segnalato alla cooperativa di housing sociale la situazione di sfratto di questa famiglia che viveva sulla soglia della povertà – solo il papà lavora, percepisce uno stipendio di 1400 euro che nell’hinterland di Milano non è sufficiente a mantenere cinque persone – li ha presi in carico.
Solo la madre e la figlia minorenne potevano essere accolte nel bilocale in condivisone, dunque la figlia più grande è tornata in Romania insieme al bimbo, dove ad aspettarli c’è il marito, con cui ha una relazione gravemente conflittuale, e l’anziana nonna materna. Il padre, per risparmiare su ogni sorta di affitto, sceglie di vivere provvisoriamente presso la baracca di un orto di proprietà del proprio datore di lavoro.
Di solito un tutor è abituato a gestire conflitti nelle case: nell’emergenza abitativa gli appartamenti vengono affidati solo a mamme e bambini, i padri restano fuori, e ci si ritrova a gestire conflitti tra ad esempio mamme musulmane completamente coperte e mamme sudamericane in short. I padri sono molto differenti e magari frequentano le case dove vivono la moglie e i figli e non sempre si trovano bene con gli altri “inquilini”.
La coabitazione
La mamma e la figlia di questa famiglia sono state inserite in un appartamento di due stanze, un bagno e una cucina assieme con un’altra mamma italiana con due bimbi piccoli. Nonostante gli spazi estremamente ridotti, fortunatemente il clima che si è venuto a creare in casa è stato molto positivo, i tutor di solito sono abtuati a gestire i conflitti, in questo caso non è stato necessario.
Il papà, però, non poteva rientrare nel programma di assistenza e ne è rimasto fuori. Per risparmiare tutti i soldi che guadagnarva come bracciante agricolo, ha iniziato a vivere in una vera e propria baracca. Quando però è arrivato il freddo, ha rischiato di ammalarsi seriamente, un paio di volte hanno provato ad assalirlo di notte e ha sfiorato l’esaurimento nervoso.
La figlia più grande, nel frattempo, è tornata a vivere in Romania con un uomo maltrattante dal quale è riuscita solo ora a separarsi. I genitori hanno scoperto dei maltrattamenti dopo il suo rientro in Romania e questa era fonte ulteriore di angoscia nella distanza. Inoltre, il tutor ha scoperto che la mamma era quasi cieca! La donna non voleva ammetterlo perché sperava di riuscire ancora a trovare un lavoro, ma il tutor ha compreso che sarebbe stato praticamente impossibile e ha iniziato ad aiutarla con le pratiche per ottenere l’invalidità.
Il rischio dell’illegalità
Il nucleo famigliare era in una situazione disperata e i coniugi a un certo punto hanno detto al loro tutor che volevano riunirsi, non ce la facevano più a vivere separati e in quelle condizioni. Oltretutto la madre voleva tornare in Romania per assicurarsi che la figlia stesse bene.
Nessuno era disposto a dargli un mutuo o un affitto però, il marito guadagna 1400 euro al mese e, per qualunque banca o affittuario, non dà abbastanza garanzie per poter assumersi un rischio del genere. Allo stesso tempo, quei 1400 euro di entrata erano troppi per riuscire a ottenere una casa popolare e la famiglia pensava di trovare una soluzione abitativa in un quartiere molto degradato, un subaffitto di una casa popolare nell’illegalità e, probabilmente, nell’usura.
Il tutor ha cercato in ogni modo di fermarli e, per una serie fortunata di coincidenze, in quel periodo si è liberato un appartamento della cooperativa. Ha recuperato dei mobili di riciclo e si sono trasferiti subito nella nuova casa, pagando un affitto calmierato. Questa opportunità abitativa ha permesso alla madre di tornare in Romania per circa un mese, al fine di accudire la figlia maggiore e il piccolo nipotino, mentre il marito poteva occuparsi della figlia minore presso l’abitazione in Italia.
In Romania la madre ha aiutato la figlia a portare avanti le pratiche per il divorzio dal marito maltrattante e le ha permesso (accudendo il nipotino h24) di dedicarsi alla ricerca di un lavoro in Italia nella speranza di un futuro ricongiungimento familiare. La figlia ha trovato lavoro in Italia, ma manca ancora un’abitazione stabile.
Il nucleo madre, padre e figlia minore, ad oggi, è riunito, è molto più sereno, ma deve comunque continuare a cercare una soluzione abitativa stabile, poiché la situazione attuale è ancora una volta temporanea e provvisoria.
La quarantena
La famiglia era passata dalla “fascia alta di fragilità” alla “fascia media”, ovvero da una situazione di estremo disagio a una situazione più positiva, in cui tutta la famiglia era riunita sotto lo stesso tetto ed era in grado di far fronte all’affitto, nonostante fosse monoreddito.
Con l’emergenza coronavirus, però, i genitori sono entrati in una profonda ansia. Su di loro i media hanno avuto una presa incredibile a livello emotivo e la madre aveva paura che tutti sarebbero morti. Cercavano di tenere nascosto alla figlia diciassettenne il virus per proteggerla, ma in realtà lei era l’unica in grado di fare le commissioni. Il papà dopo qualche tempo ha ricominciato a lavorare a orario ridotto, ma con quello che percepisce fa molta fatica a pagare anche l’affitto calmierato.
Per ora questa famiglia rimane fuori da ogni sussidio statale: lui non ha perso il lavoro, anche se è in cassa integrazione e ancora non ha percepito lo stipendio di aprile, ma gli aiuti vanno per lo più solo a chi è rimasto disoccupato; il nucleo non ha i requisiti per avere diritto ai pacchi alimentari della Caritas e accedere ai “buoni spesa” e dunque ora naviga nuovamente nell’incertezza di trovare una possibilità abitativa stabile entro i termini della scadenza del contratto in essere.
Quale può essere il futuro? Bisognerebbe rendere queste famiglie più competenti a livello di tecnologia e proporre una scuola di informatica oltre a quella di italiano. Anche se volessero richiedere dei sussidi, queste persone non sono “tecnologicamente” competenti e la fatica degli operatori aumenta, soprattutto in questo periodo in cui non ci si può vedere di persona.