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INFO

  • DATA: 02-03-2021
  • LUOGO: Yazd

STATO DI PROVENIENZA

Iran

Iran

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Rubrica sulle #Parole:
la pazienza

Elisingiro

Tim Cope, avventuriero, autore e regista australiano, dice: “Non credo che la pazienza sia qualcosa con cui cresciamo a grandi quantità. Viviamo nel mondo della gratificazione istantanea”. La instant gratification è la tentazione del tutto e subito, l’emblema del principio del piacere freudiano. Siamo abituati con un click a ottenere quello che vogliamo, a comprare, votare, esprimere un’opinione. La tecnologia aumenta la potenza di questo principio perché con un buon cellulare possiamo fare belle foto e sentirci fotografi, ordiniamo su Amazon e abbiamo quello che desideriamo a casa in 24 ore, con l’abbonamento a Netflix abbiamo serie e film a volontà, sui social media condividiamo istantaneamente pensieri, immagini, critiche. Il mercato si organizza di continuo attorno a questa urgenza.

Questo è un atteggiamento tipico non solo dei Millennials o della Generazione Z, nata col digitale, ma anche della popolazione più adulta e anziana che ha comunque largo accesso alla tecnologia. Ma ad alcune sfere della vita dedite al tutto e subito, si contrappone un atteggiamento molto più paziente in altre. Viene posticipato all’infinito il comprare casa, lo sposarsi, il fare figli…

FOMO e dolore

La FOMO, Fear of Missing Out, è quella paura che ci prende nel sentirci tagliati fuori, un’ansia sociale, un circolo vizioso che ci fa stare attaccati agli smartphone. Quella compulsività del correre, dell’affannarsi dietro tante cose, è anche tipica della fuga che mettiamo in atto per evitare di “sentire”.

Che cos’è allora la pazienza? Che valore può avere nelle nostre vite? La pazienza, da Pathos ovvero sofferenza, è la capacità di stare con quello che sentiamo, ma è difficile, altroché! Siamo nati impazienti. Il mondo perinatale è un mondo istantaneo: il bambino che ha fame piange, urla disperato, il mondo finisce oltre la sua fame. Come fa a formarsi l’idea che qualcuno arriverà? C’è fiducia nell’attesa, la mamma arriva a nutrirci, non c’è stato ancora il cortocircuito del bisogno immediato insoddisfatto. Però crescendo questo arriva, non basta più urlare e disperarci per ottenere quello che vogliamo.

La formazione dell’Io nasce dalla frustrazione, dal dolore, da quella rottura iniziale e avere pazienza significa stare nel dolore, stare in quel vuoto.

Urgenze emotive vs stare fermi

Quando cresciamo, dunque, non basta più piangere per ottenere quel che vogliamo. I bambini hanno delle urgenze emotive: sono a tavola, ma vogliono alzarsi a giocare; interrompono gli altri mentre parlano… qui i genitori cercano di introdurre l’attesa: «aspetta, quando abbiamo finito». Questa attesa è frustrazione. Questo è un altro dei momenti di strutturazione dell’io. E’ il momento di resistere, di non abbandonarsi alla disperazione o alla rincorsa del bisogno.

L’altalena continua, con diverse intensità, durante tutta la vita. Stando fermi, possiamo fare esperienza dell’attesa e ogni attesa ci porta a comprendere di più l’oggetto del nostro bisogno in quel momento. Il senso della vita passa tanto dalle attese, dall’angoscia dello stare fermi. Pazienza è anche avere fede che le cose andranno bene.

Demenza digitale vs esperienza

In alcuni Paesi come la Corea o la Cina l’ansia da FOMO è trattata come una malattia e si arriva a delineare le forme della “demenza digitale”. Il limite della pazienza, infatti, è che non si può trasmettere a parole, si può condividere, si impara dall’esempio della persona vicina. Una persona vicina che rassicura col suo comportamento e dice “va bene così, possiamo stare in questa paura, in questo vuoto”. E’ molto importante prendere esempio dalle persone pazienti, fare pratiche “lente” come il tai chi o la meditazione. All’inizio ci farà quasi arrabbiare quell’attesa, quella lentezza, poi inizieremo a trarne giovamento.

Essere pazienti è cogliere la sfida dolorosa del sentire e del sentirsi. Possiamo fare tutti i giorni dei piccoli esercizi di pazienza che passano dalla cura delle cose vive: prendersi cura di qualcuno, annaffiare un fiore, ascoltare prima di parlare, ascoltare il gorgoglio della caffettiera piuttosto che cedere alla facilità di uso delle cialde. “Avere cura del vivente”, come dice Gabriella Caramore nel suo libro Pazienza, “richiede tempo, attenzione, attesa. In una parola: pazienza”.

Ne parliamo qui con Massimo Buratti.

Nella foto di copertina ero nel Deserto di Yazd, in Iran.

Pazienza foto (1)