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  • DATA: 30-01-2021
  • LUOGO: Torre Pellice

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I Valdesi, questi sconosciuti

Di Elisingiro

La prima volta che ho conosciuto un valdese è stata dieci anni fa, a Parigi. Si trattava del ragazzo di un amico di Torino che stava studiando per diventare Pastore. Mi colpì il fatto che una persona omosessuale potesse anche diventare “prete”, fino ad allora non avevo conosciuto niente del genere. La seconda cosa a colpirmi fu l’età, questo ragazzo aveva circa vent’anni e allora mi sembrava impossibile che un mio coetaneo volesse intraprendere una “carriera religiosa”.

Certo, era un decennio fa, erano forse un paio d’anni che avevo iniziato più seriamente a viaggiare e a fare incontri random che mi aprivano finestre su mondi fino a quel momento sconosciuti. Qualche anno dopo, quando iniziai a compilare la dichiarazione dei redditi, lessi tra le opzioni dell’8×1000 la Chiesa Valdese. Mi tornarono a mente quel ragazzo, la passeggiata al Père Lachaise con la mia amica Laura, e misi una X per simpatia.

Il caso ha voluto che negli ultimi due anni io sia entrata in strettissimo contatto coi valdesi e ho passato buona parte del 2020 in una casa immersa nel cuore delle valli che portano il loro nome, a pochi metri di distanzia dal Tempio Valdese per eccellenza, quello del Ciabas.

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Da dove vengono i valdesi?

I valdesi sono un popolo operoso e discreto. Poco dopo esserci conosciute, mia suocera, che è valtellinese di origine, ma vive a Torino da una vita e ha sposato un valdese, mi regalò un libro per entrare a contatto con le loro “stranezze”. È un libro della serie “Guide Xenofobe” scritto da Sergio Velluto e intitolato “Valdesi. Guida ai migliori difetti e alle peggiori virtù”. Mi sono divertita molto a leggero 😊

La parola “Valdese” è del tardo medioevo e indicava i seguaci di Valdo di Lione, un mercante che decise di cambiare vita e dedicarsi alla predicazione. Era il tempo in cui si iniziava a tradurre la Bibbia in volgare e Valdo riuscì a radunare attorno a sé un gruppo di poveri che iniziò a predicare l’Evangelo in modo itinerante. La parola “Valdese” fu poi usata per indicare genericamente molti dei movimenti ereticali che andavano formandosi. Tante donne furono considerate streghe e anche Giovanna d’Arco fu accusata di “valdesità” a un certo punto.

Dopo la fase itinerante, i valdesi misero radici nel territorio alpino tra Francia e Piemonte e le loro comunità aderirono alla Riforma protestante di Lutero. Per i valdesi le chiese non sono edifici sacri – lo mostra la foto sopra, un semplice edificio senza vezzi – ma luoghi in cui i credenti possano riunirsi.  

La verve tipica

Per i valdesi il rapporto con Dio è privato e anche i Pastori hanno la funzione di predicatori piuttosto che di intermediari tra i fedeli e Dio. Organizzano le attività della comunità e agiscono da “opinion leader”.  Un paio di settimane fa ho assistito a un funerale nel tempio di Torre Pellice, il tempio valdese più importante.

Entrando, sulla porta, era affisso il cartello “Siamo tutti ebrei”, un chiaro richiamo alla vicinanza che da sempre i valdesi esprimono verso questo popolo perseguitato. Anche i Valdesi hanno subito le Crociate e gli sono stati riconosciuti pari diritti solo nel 1848. Sono stati grandi partigiani durante il nazi-fascismo e si trovano molte targhe commemorative qua e là sulle pareti delle case.

Durante il funerale, il Pastore sul pulpito ha premuto “play” varie volte per avviare alcuni inni in stereo – non c’era un coro, siamo dopo tutto in epoca covid, anche se la musica è centrale nella vita valdese. Nella cerimonia, che è stato come un lungo sermone, ha esordito dicendo che quel rito (c’erano diversi non valdesi tra il pubblico) non era tanto per commemorare il defunto, quanto per incoraggiare i vivi. Ha poi commentato dei versi dell’Ecclesiaste, scelta inimmaginabile nell’ambito cattolico a cui sono abituata.

Per i Valdesi, infatti, non è la lettera del singolo versetto a contare, ma il significato che se ne può trarre dopo averlo analizzato e contestualizzato. Ah, il pastore, aveva anfibi e piercing all’orecchio 😉 ed è la massima autorità valdese.

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L’etica protestante

I valdesi sono grandi lavoratori. Mi basta vederlo nei nonni del mio compagno, ultranovantenni e sempre indaffarati. Nei ricordi che si hanno sul papà, appassionato e dedito al lavoro. Le radici francesi della famiglia, quelle parigine, sono sempre guardate con sospetto. Chi ha valore è chi è rimasto nelle valli o chi nelle valli è tornato, dopo una vita di fatica.

Sono rispettosi delle diversità altrui, si schierano a favore degli immigrati, degli omosessuali, degli anziani, dei giovani in difficoltà. Basta un giro nel paesino di Torre Pellice per vedere quante case-famiglia ci sono, quante attività la comunità organizza anche per il servizio del trasporto o della ristorazione agli anziani casa per casa.

Essendo una minoranza, i valdesi sono portati a difendere altre minoranze. Sono anche una minoranza linguistica, la loro lingua è un’eredità dell’occitano: il patois o patuà. La loro chiesa è una chiesa povera ma orgogliosa (dopotutto sono gente delle montagne): c’è sempre un dibattito sull’utilizzo dell’8×1000, vorrebbero essere indipendenti finanziariamente. La soluzione trovata è che quei fondi vengano totalmente dedicati a opere sociali e culturali in Italia e all’estero, non per pagare i pastori e le attività di culto.

Internazionalità e bizzarrie

I valdesi hanno fitti rapporti con gli organismi ecumenici in giro per il mondo e hanno avuto anche forti migrazioni verso l’Argentina e l’Uruguay, dove esiste una chiesa gemella a quella italiana. Altra parte dell’emigrazione valdese fu verso l’America del Nord, soprattutto del Nord Carolina. L’orgoglio valdese qui si impose.

Proprio in Nord Carolina fu fondata una nuova città che chiamarono Valdese e, tra i primi edifici pubblici costruiti, ci fu il Museo valdese. Non contenti, negli anni Novanta un gruppo di imprenditori locali fondò un parco divertimenti dedicato alle origini dei concittadini. The Trial of Faith, questo il nome del Luna Park, è una sorta di piccolo Disneyland con 15 attrazioni che riproducono la storia valdese.

Tra discrezioni e bizzarrie, queste valli mi hanno accolta in tutti questi mesi. Si respira un’aria più libera e meno giudicante di quella che ho respirato in molte parti d’Italia. La popolazione è giovane, i paesini non sono abitati solo dagli anziani. C’è un orgoglio profondo, ma anche un’apertura verso gli altri invidiabile.

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