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INFO

  • DATA: 12-10-2020
  • LUOGO: Seul

STATO DI PROVENIENZA

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Sud Corea

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Gastronomia: un viaggio attraverso i sensI

Alessandra da Seul, Sud Corea

Rosso

Oltre a un “nido” con vista sul nostro nuovo piccolo mondo che diventerà giorno dopo giorno più familiare, quello che serve a fare di una nuova città una “casa” nel senso tondo, pieno del termine, è una buona relazione con la cultura culinaria locale. Dopo quasi dieci anni di vita fuori dall’Italia e venti di viaggi, mi sono resa conto di quanto questo sia un punto cruciale per noi italiani, che ci sentiamo all’estero anche a pochi chilometri da casa, quando si tratta di assaggiare piatti diversi da quelli cui ci hanno abituato le nostre madri.

Ebbene, quello che ricordo del mio impatto con la cucina coreana è il rosso. Rosso intenso come i pomodori del sud Italia, o come i miei occhi fuori dalle orbite dopo il primo assaggio di calamari sguazzanti nel gochujang -concentrato di peperoncino- che scoprii mio malgrado essere tra le basi dell’alimentazione nella mia nuova “casa” e che, in pochi mesi da quell’episodio, mi ha reso schiava al punto da non poterne più fare senza.

Questo dimostra come la fame e la vista annullino qualsiasi informazione registrata dalla mente in mesi di letture preparatorie alla partenza e come, in fondo, il nostro essere abitudinari ci permetta inizialmente di adattarsi per sopravvivere e poi vivere davvero.

Red

Alla ricerca della Stella Cometa: come la vista guida il gusto

Se il gusto è stato protagonista dell’impatto con la cucina coreana, la vista ha spesso inviato al cervello messaggi confusi. Dopo aver sperimentato con scarso successo dal mio divano la ricerca dei migliori ristoranti nel raggio di un chilometro da casa mia ed aver scorso incomprensibili recensioni dei miei nuovi concittadini, mi sono rassegnata a scendere in strada e iniziare l’esplorazione del mio quartiere a 40ºC alle 20:00. Le insegne luminose e verticali tipiche delle città asiatiche facevano a gara per attrarre la mia attenzione. Nel caso specifico, non avendo alcuna idea di quali prelibatezze ogni insegna sponsorizzasse – non ero ancora capace di leggere il coreano – quella più estrosa è stata la Stella Cometa per una prima esplorazione. 

Il percorso verso il tripudio di luci è stato una continua sorpresa per la mia vista. Nei miei occhi una continua alternanza di meraviglia di fronte a ristoranti brulicanti di griglie e aspiratori, e disappunto per l’ambiente asettico di tavoli metallici, posate nei cassetti, tovaglioli di carta da bar. Locali più simili a refettori e mense che alla mia idea di ristorante, bombole di gas per le griglie sotto ogni tavolo che alla sicurezza
facevano una pernacchia in faccia. Non uno ma decine a popolare un intero dong – quartiere- quello intorno a Mapo. Ero visibilmente confusa dai messaggi che quelle immagini trasmettevano ed è stato proprio allora che un altro senso – l’udito – si è svegliato ed entrato in scena a gamba tesa.

Full immersion nei suoni intorno ai sapori coreani

Qualcuno mi stava parlando ma io sembravo non accorgermene; qualsiasi parola era semplicemente un suono – o forse dovrei dire rumore – in quella circostanza. Il cervello era in pausa nel tentativo di isolarsi e non spendere energie nel cercare di comprendere l’ncomprensibile. D’un tratto, però, quel suono è diventato troppo vicino e intenso per ignorarlo. Eccomi qui, tipica occidentale imbambolata e incapace di dire di no, che scavalcava gruppi di commensali seguendo la tipica ajoumma – signora coreana – e veniva letteralmente piazzata a un tavolo libero. Non avevo scelto, non avrei mai potuto ma il posto aveva scelto me, risolvendo il mio dilemma. Finalmente fuori dalla mia bolla, sono stata avvolta – quasi assalita – da voci, risate sonore, scoppiettare di griglie, contatto tra bacchette di metallo, movimenti veloci, sicuri e impazienti degli inservienti. Totalmente parte dal tipico dopolavoro coreano.

La socialità alla base del gusto

In un attimo sono stata circondata da banchan – contorni la cui varietà contraddistingue la cucina coreana à volonté – trionfo di colore e gusto da aggiungere alla carne, avvolgere in foglie d’insalata o sesamo e mangiare in un sol boccone. Niente coltelli: la bistecca ancora sulla griglia si spezzetta con le forbici per facilitare poi l’uso delle bacchette. Sarà stata la fame o l’entusiasmo seguito all’iniziale spaesamento, ma mi sono sentita perfettamente a mio agio in questo nuovo concetto di cena condivisa, forse poco composta ma, sicuramente, orientata alla socialità. Da quel momento in poi, il barbecue sarà il primo impatto con la Corea per ognuno dei miei ospiti: lo strumento per liberarsi dell’italica idea di tavola bella e ordinata, e andare oltre i propri schemi per immergersi nella condivisione del gusto.

Sentirsi finalmente una vera calabrese

Il barbecue è stato solo l’inizio di questo meraviglioso viaggio nella cucina coreana. In molti penseranno che per una calabrese sia stato semplice adattarsi al tema dominante: il piccante. Eppure, anche questa volta, mi tocca distruggere uno stereotipo: sono calabrese, ma ho provato per la prima volta la ‘nduja in seguito al mio trasferimento a Milano a 25 anni, quando gli amici del nord hanno insistito per riceverne in omaggio al ritorno dalla mie vacanze al sud. Ecco qui, ho fatto outing e immagino i vostri occhi sgranati quasi come i miei al primo assaggio del piccante coreano (vedi sopra) e dei miei nuovi colleghi di fronte alla mia dichiarazione d’amore per il kimchi e il doenjang jjighe.

bbq

Gusto versus olfatto: fermentazione al centro della battaglia

Il kimchi è la base della cucina coreana; questo cavolo fermentato e conservato con polvere di peperoncino è spesso servito come banchan, ma anche ingrediente principale di piatti più complessi. Invece, l’ingrediente principale del doenjang jjighe (jjighe=zuppa, stufato) sono fagioli di soia fermentata. Penso sia semplice
immaginare quale altro senso faccia ora il suo ingresso in scena. L’olfatto di molti coreani – specie i più giovani – è infastidito da questo piatto della tradizione a causa del forte odore dovuto alla fermentazione. E come dar loro torto? Mentre arriva fumante sulla tavola, penetra le narici e si stampa nel cervello, ma basta avere un po’ di pazienza perché il gusto prevalga sull’olfatto e un’italiana conquisti punti integrazione nella sua nuova casa, mondo delle meraviglie fermentate.

Altri piatti della tradizione

Per saperne di più

Ingredienti e tavola

Chi sono

Da sempre con una macchina fotografica in mano, mi piace raccontare dei posti e delle persone che vi appartengono attraverso la luce che assorbono e riflettono.  La mia bocca non riesce a trattenere l’entusiasmo della mia mente per quello che i miei occhi osservano e la fotocamera congela nella memoria. 

Sono alla costante ricerca del “bello”: nei posti, nelle esperienze e soprattutto nelle persone. Curiosa per natura, ho spesso trovato il “bello” nel “diverso”, un dono che mi permette di favorire empatia e tolleranza. 

Come direbbe una mia cara amica appassionata di astrologia, in me la precisione della Vergine si combina con la parte godereccia del Maiale (nel mio oroscopo cinese), l’organizzazione con la capacità di adattarmi a situazioni differenti. Questo mix contribuisce a rendendomi una persona allegra e di compagnia specie intorno a una buona tavola piena di delizie dal mondo.  

Nel quotidiano? Scienziata di formazione, ho vissuto in diversi Paesi; al momento, in Corea del Sud, mi occupo di diplomazia scientifica.

Puoi vedere le mie foto su flickr cliccando qui.

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