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  • DATA: 10-03-2020
  • LUOGO: Centrafrica

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Ione medico centrafrica

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Dr. Ione. vita di una donna medico in Centrafrica

Nel 2011 – ormai tantissimo tempo fa! – frequentavo l’Université libre de Bruxelles e ho deciso di portare come argomento di tesi la questione dei meccanismi di finanziamento nel settore sanitario. Appassionata di Cooperazione Internazionale, come caso di studio ho scelto la Repubblica Centrafricana.

Perché il Centrafrica? Nel mio paese d’origine vicino Roma, Monte Porzio Catone, c’è una casa-famiglia tenuta dalla congregazione dei betharramiti che si occupa di malati terminali di AIDS. In questa casa-famiglia i miei genitori facevano volontariato e così sono entrata in contatto – praticamente da quando ci siamo trasferiti lì, avevo 4 anni – con i malati terminali, la malattia “tabù”, la sanità, il volontariato.

I Padri Betharramiti hanno una missione a Bouar, nella Repubblica Centrafrica, e quando ho parlato a Padre Mario, il responsabile della comunità, della mia idea di lavoro di tesi, mi ha detto che forse avrei potuto provare a contattare un medico, la Dottoressa Ione Bertocchi, che era stata praticamente il primo medico in quel Paese e aveva tutti i contatti giusti.

Ione medico centrafrica

Il Centrafrica

Il Centrafrica è uno degli ultimi territori africani a essere stato colonizzato dai francesi negli anni Trenta del ‘900. Si trova a nord del Congo e a sud del Chad, confina a ovest col Camerun e a est col Sudan e col Sud Sudan. È un enclave insomma, senza accesso al mare, ed era tenuto dai francesi come “scorta” nel caso di scarsità di risorse nei Paesi limitrofi sotto il loro controllo.

È un Paese poverissimo e sul sito Atlante Guerre si legge:

“Un quarto dei centrafricani è profugo, in parte sfollato (circa 700mila) all’interno dei confini nazionali, in parte rifugiato all’estero (altri 550mila). E quasi due milioni e mezzo di persone – poco meno della metà dell’intera popolazione – hanno bisogno di aiuti umanitari internazionali per la sopravvivenza.

Un quadro allarmante, che diventa drammatico se consideriamo che 14 Province su 16 (ossia circa l’80% del territorio) sono sotto il controllo di gruppi armati.”

La guerra civile

Questa ultima guerra civile è scoppiata nel 2012, poco meno di un anno dopo la mia permanenza in Centrafrica, ma se ne sentivano già i sentori anche perché il Centrafrica non è mai stato davvero “in pace”. Perché? Perché come molti Paesi africani è ricco di risorse: il legno delle sue foreste, ma anche diamanti, oro, petrolio, uranio.

Nel 2011, quando giravo il Paese a bordo del furgone Toyota di Ione, vedevo strade in costruzione da parte di compagnie cinesi o giapponesi. Non capivo perché costruissero strade con materiali tanto scadenti che dopo pochi mesi erano di nuovo laterite e buche. Probabilmente le compagnie facevano patti col governo: qualche lavoro di utilità pubblica in cambio di risorse.

Certo, le risorse minerarie fanno sempre gola: la Francia, la Cina, ma anche l’Iran (interessato all’uranio) e la Russia cercano l’appoggio del governo locale, anche oggi, in una guerra civile che si protrae da 8 anni.

Chi è il Dottor Ione

Ione

“Doctor Ione”, come tutti la conoscono in Centrafrica, è una donna minuta, svelta nei movimenti e dalla lingua tagliente. Nel 2011 era fiera dei suoi 72 anni, ma oggi ne ha ben di più! A 35 anni, dopo essere diventata medico a Genova, decise di partecipare alla missione di un medico di sua conoscenza in Centrafrica. Non c’erano medici africani, negli anni ’70 il Paese aveva da poco raggiunto l’indipendenza dalla Francia.  

Dopo il periodo in Repubblica Centrafricana, Ione è tornata in Italia, ma non si ritrovava nella vita di uno stato così opulento, le sembrava di essere di troppo. Ha identificato così quella che sarebbe diventata la “missione” della sua vita ed è partita nuovamente alla volta del Paese africano.

Ione è una donna risoluta, pratica, sa farsi ascoltare. Appena arrivata in Centrafrica ha formato i primi 100 medici del Paese, la sua reputazione la precede ovunque. Non è religiosa, ma si appoggia alle comunità di missionari e suore un po’ sparse ovunque per dormire e riposare. Nei momenti difficili si rifugia nella giungla, perché solo nascondendosi è al sicuro.

Ione parla con tutti, a prescindere dal loro credo politico, status o religione. Parla anche con le ONG occidentali e missioni umanitarie che di due anni in due anni vanno e vengono dal Paese.

Cosa ho imparato da lei

Sono stata con Ione, fianco a fianco, quasi per due mesi nell’estate del 2011. Mi chiedeva di guidare il suo Toyota, facevamo lunghe tratte, sempre accompagnando qualcuno. È raro avere un mezzo a disposizione da quelle parti, la maggior parte delle persone si spostano a piedi.

Passavamo infiniti posti di blocco dove soldati (di quale fazione? Chi può dirlo, ce ne sono molte) sbarravano la strada muniti di mitra. Se c’ero io alla guida, abbassavo piano il finestrino, e Ione faceva capolino dal lato del passeggero. Chi di turno diceva “Ah, Dr Ione, passez passez!”, e così potevamo passare.

Mi ha fatto parlare con prefetti, sindaci, responsabili di centri sanitari, infermieri, medici, responsabili delle politiche sanitarie. Ho visto gli ospedali, le stanze, le persone magre stese sulle brandine, consumate dall’AIDS. Ho visto la sua forza, il suo coraggio, la sua dedizione, la sua perseveranza. Ho capito che per resistere a qualsiasi condizione, anche le peggiori, deve esserci una luce a illuminare il cammino e quella luce la troviamo solo dentro di noi.

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Dopo il Centrafrica

Dopo quel viaggio in Repubblica Centrafricana il mio sangue ribolliva, il sistema thatcherista del “performance based management” chiaramente non funziona ma è il modo in cui tutti i donor occidentali distribuiscono gli aiuti. Mi sono detta che se avessi voluto fare qualcosa per l’Africa o per i Paesi cosiddetti “in via di sviluppo” sarei dovuta rimanere lì, stare con la gente, e che non avrei mai potuto lavorare né per l’ONU, né per nessuna altra Organizzazione Umanitaria o ONG occidentale, che rispondono appunto a quelle logiche che sono a mio avviso completamente disfunzionali.

Guardando Ione ho capito di non essere così forte, di essere legata all’Europa, alla mia famiglia, che non avevo una vocazione “missionaria” e allora tanto valeva cambiare campo d’azione. È stato lì, alla fine dell’Università, dopo una difesa di tesi in cui è stato chiaro che la teoria politica era più importante dei fatti che avevo visto con gli occhi e che avevo riportato nel mio lavoro, che ho deciso che di lavoro avrei fatto altro.

Il Dr Ione, la dolcissima Ione Bertocchi, è ancora in Centrafrica e torna ogni due anni circa per le vacanze in Italia. Ricordo il suo modo di parlare in francese, il latte liofilizzato mischiato al caffè la mattina, quando parlava con le persone con le mani raccolte sul ventre o dietro la schiena, il suo modo di vivere anarchico, fuori dagli schemi, degno di una vera eroina.  

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