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INFO

  • DATA: 09-06-2020
  • LUOGO: Parigi

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APRIRE UN RISTORANTE IN EMERGENZA COVID – PARIGI

Maria è una persona testarda e innamorata della Francia. Dopo gli studi in scienze politiche e qualche lavoro poco soddisfacente, ha incontrato Arnaud, un parigino per metà pugliese, chef in un ristorante di sua proprietà nella zona Opéra.

Quando si sono conosciuti, Maria era ancora una studentessa e per mantenersi lavorava nel baracchino di un negoziante cinese non lontano dal ristorante di Arnaud. Il loro è stato un incontro semplice, un gioco di sguardi, un invito a cena e così da un giorno all’altro si sono innamorati.

La loro storia è stata messa alla prova più volte: poco dopo l’inizio, Maria è partita per un semestre in Bolivia, poi è tornata, si è laureata e ha iniziato a lavorare per una compagnia di assicurazioni facendo i turni anche di notte. Anche la professione di Arnaud non era rose e fiori: stando in cucina faceva orari estenuanti e praticamente viveva nel suo ristorante chiamato “Gioia mia”.

I primi tempi

Maria si intrufolava spesso al ristorante e ne respirava l’atmosfera: i piatti, assieme alla clientela, sono le cose più belle di un ristorante. I piatti li preparava il suo amore, una cucina pugliese adattata al gusto francese e insegnata ad Arnaud da una vecchia zia; la clientela, giornalisti, avvocati e professionisti della zona. Tutto aveva un’aura magica in quel posticino dove Maria raffinava il palato e l’ingegno.

L’unica nota negativa era il socio di Arnaud. Quando si mette in piedi un’attività la persona con la quale si sceglie di fare l’investimento è l’aspetto più importante. Arnaud condivideva il ristorante con un suo amico di vecchia data che ben presto si è stancato della fatica. Il suo ruolo doveva essere quello di cameriere-cassiere-contabile, il locale faceva una ventina di coperti e il lavoro era tanto, si servivano pasti a pranzo e a cena.

Dopo essere rimasta disoccupata, Maria si è appassionata sempre di più al ristorante di Arnaud e vedendo tutte le difficoltà di gestione si è proposta di aiutarlo. Ha iniziato a servire ai tavoli, a imparare i nomi dei vini, a ripassare con Arnaud gli ingredienti dei piatti in cucina. E’ nata così la sua grande passione per la ristorazione e ha capito che avrebbe voluto fare quello nella vita.

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A pieno ritmo

I turni di lavoro erano estenuanti, la mattina si iniziava con le pulizie del locale, mentre Arnaud andava a fare la spesa, poi il servizio ai tavoli fino almeno alle 16. Prima del servizio della cena, Maria spesso si sdraiava su una piccola panca al piano di sopra del locale dove c’era una mezzanina. Quello era il suo unico momento di relax nella giornata, un paio d’ore solo per lei.

A volte trovava la forza di andare alla lezione di danza classica, quel piccolo piacere che conservava da bambina, il senso di pace e armonia che recuperava una volta indossate le scarpette era la sua piccola fuga dalla realtà: una sala col parquet al centro di Parigi, le finestre grandi di un palazzo d’epoca che facevano da sfondo a quei momenti di libertà.

Nonostante la stanchezza, Maria non si lamentava mai degli orari o del carico di lavoro, quella di stare accanto ad Arnaud nella sua attività era stata una sua scelta! Dopo un po’ però iniziava a trovare l’atteggiamento del socio di Arnaud – che ormai passava al ristorante solo a ritirare i soldi della sua parcella – insopportabile. Lei era comunque una dipendente e non aveva voce in capitolo, ma non poteva sopportare di vedere l’attività peggiorare solo a causa del suo comportamento.

La rottura

L’attività del ristorante andava a gonfie vele dal punto di vista della soddisfazione della clientela innamorata del piccolo “Gioia mia”. Allo stesso tempo però il “costo” del socio di Arnaud da mantenere diventava troppo grande, impediva ad Arnaud di assumere un altro cameriere e sollevare Maria da tante fatiche con almeno delle turnazioni.

Nel 2017 arrivò il momento di una scelta importante e molto sofferta: chiudere il ristorante. Il socio di Arnaud non voleva per nulla al mondo vendergli le sue quote e non restava altra scelta che chiudere la società. I ritmi erano troppo faticosi e il fatturato troppo scarso per permettere all’attività di continuare.

Maria aveva ormai imparato il mestiere e voleva entrare nella società, voleva essere anche lei proprietaria e avere potere di decisione su quello che succedeva. A causa dello stress del ristorante, Maria e Arnaud litigavano continuamente, finché Maria non ha lasciato la casa dove abitavano in un pomeriggio piovoso d’inverno.

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Il ritorno

Inutile dire che la separazione da Arnaud non è durata molto. Un paio di mesi difficilissimi in cui Maria ha girovagato per l’Italia alla ricerca di sé stessa, tutto per trovare di nuovo le conferme dentro di sé che voleva la sua vita in Francia e accanto all’uomo che amava.

Nel frattempo Arnaud era riuscito a cedere l’attività a dei cinesi che ne avrebbero fatto una sorta di bazar. Le Gallerie Lafayette, a due passi dal posto del ristorante, ormai sono assediati da comitive di turisti cinesi alla ricerca di capi costosissimi, alcune parti delle vie laterali sembrano una sorta di China Town di lusso.

Tornando a casa, Maria ha proposto Arnaud di fondare assieme il loro ristorante. Hanno pensato a lungo e nei dettagli all’attività per poterla gestire da soli evitando gli orari estenuanti di prima. Hanno immaginato di limitare le ore lavorative al pranzo e all’aperitivo, Maria ha redatto un  business plan e calcolato i costi.

Gioia Mia

Dopo mesi e mesi di ricerche, scandaglionando Parigi in lungo e in largo, finalmente hanno trovato un posto non lontano da dov’era il “Gioia Mia”. Avrebbero potuto così recuperare la clientela, con cui comunque erano rimasti in contatto, ma il locale era completamente da ristrutturare.

A fatica hanno messo insieme i soldi, firmato i contratti, comprato i materiali e iniziato i lavori. Fare una ristrutturazione a Parigi non è semplice, sono poche le persone affidabili che sappiano fare bene i lavori di muratura e l’impianto elettrico era tutto un disastro! In quei pochi metri quadri Maria e Arnaud però immaginavano quella che sarebbe stata la loro nuova vita.

C’è una grande vetrata che dà su una via laterale del quartiere Opéra, con lo spazio davanti per mettere i tavolini in estate. Hanno ristrutturato la cantina dove Maria vorrebbe mettere l’impastatrice per fare la pizza e conservare gli alimenti di primissima qualità e i vini, hanno allargato il bagno che prima aveva una superficie di neanche un metro quadrato affinché i clienti possano essere più comodi. Hanno reso la cucina più agibile per Arnaud, fatto un bancone per il bar… tutto questo in pochissimo spazio, à la parisienne!

L’emergenza coronavirus

A febbraio di quest’anno, dopo l’aiuto dei genitori di Maria venuti per qualche settimana da Roma, il ristorante sembrava essere quasi pronto. Mancavano alcune rifiniture, gli ultimi ritocchi del muratore, gli ultimissimi acquisti da fare. Maria e Arnaud con l’aiuto dei propri cari hanno trovato i tavolini, restaurato delle vecchie sedie con tanto di imbottitura e sembravano essere in dirittura d’arrivo, l’apertura sarebbe potuta essere a marzo o al massimo ad aprile.

Poi il lockdown, Parigi deserta, il divieto di muoversi e di portare avanti i lavori. E dopo poco è subentrata allo sconforto la consapevolezza che niente sarebbe stato più come prima, che quello della ristorazione è uno dei settori più colpiti e va ripensato da zero. Molti ristoranti nella loro zona hanno chiuso i battenti, Maria e Arnaud devono cambiare completamente l’impostazione che avevano immaginato: non sarà più possibile servire i piatti ai minuscoli tavolini con le persone vicinissime tra loro come è stato fino a due mesi fa.

I loro menu dovranno cambiare, la comunicazione, il modello di business… andare verso le pietanze da asporto con una forte strategia di comunicazione e affiancare alla vendita di cibo altri servizi potrebbero essere l’unica via per dar vita finalmente a un’avventura nuova, in un’inizio nell’inizio con tante incognite da affrontare un passo dopo l’altro.

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